L’11 settembre 1958 a Roma si sta bene. La giornata è calda, l’estate è ancora lungi dal finire, e come ogni mattina Maria Teresa Viti, di professione domestica a ore, cammina a piedi dalla fermata dell’autobus al palazzo d’angolo di via Monaci 21, proprio dietro le poste di Piazza Bologna, quartiere Nomentano.

 

La Viti sta andando a prendere servizio in una casa al primo piano di proprietà dell’Ingegner Fenaroli. In casa c’è la moglie, Maria Martirano in Fenaroli, ma quando Maria Teresa suona nessuno viene ad aprirle. È abituata ai padroni che la lasciano fuori perché troppo occupati per pensare a lei ma la signora Fenaroli di solito è precisa e accorta. Maria Teresa suona ancora e poi si siede sulle scale ad aspettare. Passa il tempo e la domestica, stufa dell’attesa, chiede aiuto al portiere e poi al fratello della signora, Luigi, che ha un ufficio a pochi metri dal palazzo.

 

I due uomini provano a entrare ma è solo con l’aiuto di Marcello Chimenti, un inquilino del palazzo appassionato di speleologia, che si cala dal balcone del piano superiore e rompe i vetri della finestra, che finalmente riescono ad aprire la porta. L’uomo è bianco in volto e riesce solo a indicare la cucina. Luigi si precipita dentro e trova la sorella, in terra, morta per strangolamento.

 

Ma chi è Maria Martirano e perché qualcuno l’ha strangolata nella cucina di casa? Ve lo racconto io ma andiamo con ordine.

 

Maria Martirano, classe 1907, nasce in provincia di Lecce. La famiglia è benestante e Maria cresce nell’agio insieme ad altri quattro fratelli: Anna, Franca, Luigi e Gaetano. Vivono tutti a Trepuzzi, un piccolo paesino nell’entroterra, fino al 1916 poi la famiglia subisce un tracollo finanziario e si sposta a Roma dove Maria vive fino al 1928. Poi Maria scompare e riappare a Milano nel 1937 quando diventa la signora Fenaroli.

 

Giovanni Fenaroli è nato ad Airuno, in provincia di Como, ed è proprietario di una piccola impresa edile, la ‘Fenaroli impresa’, con un ufficio a Roma e la sede principale a Milano. È geometra ma gli piace farsi chiamare Ingegnere. Gli piace la bella vita, i soldi per le ballerine e il night non mancano mai e ai suoi collaboratori elargisce stipendi generosi.

 

In una casa chiusa, una di quelle che la legge Merlin chiuderà poi definitivamente, fa la conoscenza della moglie. Maria infatti, dal 1930 al 1934, è stata una prostituta in diverse case di piacere, come risulta dai casellari giudiziari dove all’epoca venivano registrate dalla polizia le ragazze.

 

I due si sposano nel 1937. Inizialmente vanno a vivere a Milano poi si trasferiscono a Roma. Sarebbe meglio dire che Maria si trasferisce perché Giovanni trascorre a Roma solo il fine settimana e a Milano la maggior parte del tempo.

 

Il loro non è esattamente un matrimonio riuscito. Hanno due caratteri opposti: lui estroverso, lei chiusa. Hanno due stili di vita opposti: riservata lei, amante della bella vita lui. I litigi sono frequenti ma i due tengono in piedi un matrimonio di facciata.

 

La donna però non ha smesso di trasgredire: secondo la domestica, ha un amante che viene a trovarla spesso. Lei non è mai riuscita a vederlo, perché veniva sempre cacciata prima che lui arrivasse, ma è certo che a Roma,  quando la Martirano è sola, in quella casa è un viavai di uomini. La polizia, interrogando i vicini, scopre che ne arrivavano anche due per volta.

 

Da parte sua, Fenaroli a Milano continua a fare la bella vita. Oltre alle solite ballerine e prostitute, intrattiene una relazione di lunga data con Amalia Inzolia, morta un anno prima dell’omicidio della moglie, alla quale è talmente legato da adottarne la figlia Donatella che per praticità lascia vivere a casa del fratello della donna, Carlo Inzolia.

 

Il loro ménage non è però esente da problemi: l’azienda di costruzioni è sull’orlo del fallimento e Giovanni tira avanti con le cambiali e con mille piccole truffe che, come dice spesso, considera attività imprenditoriali collaterali. Maria è spaventata e piena di ansie: domenica 7 settembre, chiama il marito in partenza per Milano perché qualcuno ha tentato di forzare la porta, scappando poi alle sue urla. Il giorno successivo fa cambiare la serratura. Si lamenta sempre più spesso del dilagare di delinquenza e violenza e sfoga le sue ansie con i condomini del palazzo.

 

Anche il loro rapporto non è dei migliori. “Hai dimenticato dove ti ho trovata?” le rinfaccia il marito sempre più spesso durante i loro burrascosi litigi. Lo riporta la sorella agli inquirenti, offrendo loro una pista e un possibile movente.


La scena che i poliziotti si trovano davanti l’11 settembre è quella di una rapina: in casa mancano gioielli e un milione in contanti, la camera da letto è sottosopra, sul pavimento ci sono polizze e documenti sparsi e la televisione in soggiorno è ancora accesa. Il resto della casa però è stranamente in ordine e la porta non presenta segni di effrazione: la donna ha aperto al suo assassino.

 

I sospetti della polizia si concentrano subito sul marito: pochi giorni prima ha stipulato una polizza assicurativa intestata alla moglie del valore di 150 milioni, valida anche in caso di morte violenta, di cui è unico beneficiario. Inoltre ha falsificato la firma della moglie e questo particolare insospettisce gli inquirenti. Lui si difende: è una pratica comune fra coniugi e inoltre ha un alibi di ferro.

 

Fenaroli si trova a Milano la notte del delitto: lo testimoniano diversi colleghi e conoscenti con cui è stato a cena. Da Milano ha parlato per telefono con la moglie fino alle 23:24: il suo collaboratore personale, il ragioniere Egidio Sacchi, conferma la telefonata. Non può essere stato lui.

 

La polizia pensa allora a un omicidio su commissione: Fenaroli è il mandante e ha assoldato un sicario. Mettono sotto torchio il ragioniere Sacchi e questo crolla: la sera del delitto, Fenaroli, al telefono, ha detto alla moglie che un certo Raoul sarebbe passato a prendere dei documenti importanti e di aprirgli senza indugio.

 

L’uomo è Raoul Ghiani, 28 anni, corporatura possente e occhi blu. A Fenaroli lo ha presentato Carlo Inzolia. Per la sera del delitto non ha un alibi vero e proprio: è uscito dal lavoro all’ora solita, alle 18:22, come risulta dal suo cartellino, e la mattina dopo alle 10 era già in una banca di Milano a sistemare il dispositivo di allarme. Quando la polizia lo interroga in questura chiedendo dove fosse la notte dell’omicidio lui risponde che non se lo ricorda: forse a giocare a carte con gli amici del bar o con una delle sue tre fidanzate. Una di loro, ovviamente all’oscuro dell’esistenza delle altre due, conferma il suo alibi per tutta la notte. La polizia non le crede.

 

Può essere andato da Milano a Roma, aver ucciso la donna per poi tornare a Milano in tempo? Difficile ma non impossibile!  Ghiani, secondo gli inquirenti, è uscito dal lavoro ed è corso all’aeroporto di Malpensa, in tempo per prendere l’ultimo aereo per Roma in partenza alle 19,30. Arrivato a Ciampino è andato a casa della Martirano, l’ha uccisa e poi ha preso il vagone letto per Milano, in tempo per presentarsi al lavoro la mattina dopo.

 

La ricostruzione sembra reggere ma mancano le prove. La prima la fornisce il ragioniere Sacchi: il suo principale gli ha chiesto di prenotare un biglietto aereo per il 10 Settembre, sul  volo Milano-Roma delle 19:35, a nome di tale Rossi. Sul volo in questione Rossi risulta effettivamente imbarcato ma non si riesce a trovarlo: per gli inquirenti è il Ghiani sotto falso nome. Poi ci sono due testimoni: una ragazza, che in via Monaci ha visto la vittima aprire a un ragazzo robusto simile all’elettricista, e un signore che giura di averci parlato sul treno che da Roma lo avrebbe riportato a Milano.

 

Per i giudici non ci sono dubbi: Fenaroli ha pianificato l’omicidio per intascare i soldi dell’assicurazione e Ghiani lo ha commesso in cambio di un milione di lire che il Fenaroli ha prelevato in banca pochi giorni prima e che risultano scomparsi nella rapina inscenata dai due. La difesa contesta che non è possibile raggiungere Malpensa nei 45 minuti di tempo utili per riuscire a imbarcarsi ma per l’accusa la scattante Alfa 1600 del Fenaroli avrebbe potuto riuscirci. Viene anche fatta una prova con un’auto della polizia a sirene spiegate: 44 minuti.

 

I due uomini vengono condannati all’ergastolo.

Cristina Crì

Si definisce una donna innamorata: innamorata della propria famiglia, del proprio lavoro, della vita. Innamorata del suo Andrea. Viaggia spesso per lavoro e piacere e nel poco tempo libero ama leggere, scrivere e collezionare intimo con cui stupire il suo lui.

Architetto e scrittrice, di base a Milano, vive e lavora gran parte dell’anno nella Penisola arabica dividendosi fra la passione per il design e quella per la scrittura.

La trilogia “Il mio Andrea” sorprende il pubblico con un romanzo autobiografico di profonda introspezione che porta il lettore per mano nei difficili meandri dell’amore incestuoso.

Liberatevi da ogni preconcetto e non potrete non amare i suoi personaggi. Calatevi senza pregiudizi nelle sue storie d’amore in cui il sesso, tanto, di qualità e ben raccontato, sarà di ispirazione per i vostri rendez-vous più peccaminosi.