La Mantide di Cairo Montenotte

Mercoledì 19 agosto 1987, sul Monte Ciuto, un’altura alle immediate spalle di Savona, c’è un gran via vai di poliziotti: sono stati chiamati da un operaio che, in fondo a un dirupo, nascosto dal fogliame del bosco, ha ritrovato un corpo umano in avanzato stato di decomposizione e parzialmente divorato dagli animali selvatici.

Il corpo è quello di un uomo anziano: indossa soltanto una canottiera bianca intrisa di sangue ma poco distante ci sono una camicia e un paio di pantaloni bruciacchiati. Il cranio è parzialmente fracassato e i poliziotti al lavoro sul posto non rinvengono documenti. Solo un mazzo di chiavi, tenute insieme da un curioso ciondolo che riporta impresso lo stemma dei farmacisti.

Cosa ha di interessante un cadavere in un bosco e lo stemma dei farmacisti?  Ve lo racconto io, ma andiamo con ordine.

La polizia identifica il cadavere facilmente: è Cesare Brin, proprietario della storica farmacia di Cairo Montenotte. In città è piuttosto conosciuto: è stato presidente dalla Cairese, squadra che il farmacista acquista quando milita nel campionato dilettanti e porta tra i professionisti, ed è consigliere comunale. I tifosi lo chiamano l’”Imperatore” ma la sua epopea calcistica purtroppo è stata una meteora: sommerso dai debiti ha dovuto cedere la squadra. Risulta scomparso dalla notte del 12 agosto e le prime indagini portano alla luce una situazione economica drammatica.

La famiglia di Cesare Brin è benestante e lui eredita la farmacia che si tramandano da generazioni. Dopo la laurea sposa Enrica Colombo, anche lei farmacista, e mettono su famiglia. Il matrimonio però naufraga per i troppi debiti di lui e soprattutto per i continui tradimenti. Enrica non ci sta e chiede il divorzio nel febbraio dell’’87. Gli investigatori sospettano di lei perché, dalle testimonianze raccolte, l’ultima volta che il Brin è stato visto vivo risale al pomeriggio del 12 agosto, proprio mentre entrava in casa della Colombo. La donna conferma che l’ex marito è passato a trovarla e le ha chiesto di riappacificarsi ma lei, sospettando che avesse solo bisogno di soldi, lo ha liquidato velocemente. Racconta anche di averlo visto stanco, gravato dalle preoccupazioni e in uno stato di grave prostrazione.

Gli investigatori scartano la pista dell’ex moglie tradita e si concentrano sui debiti dell’uomo. La situazione economica del Brin è disperata: ha dilapidato l’ingente patrimonio di famiglia, ha venduto tutte le proprietà, comprese numerose case e terreni, e ha messo anche in vendita l’ambita farmacia di famiglia. Ha dato incarico a una donna di trovare un acquirente: la bella proprietaria della galleria d’arte sotto i portici della citta, Gigliola Guerinoni.

Gigliola Guerinoni conferma agli investigatori che Brin navigava in cattivissime acque e che ha intessuto relazioni con gente poco raccomandabile. Appare presto evidente che la donna sa molte cose dell’uomo ritrovato morto e che non è soltanto una sua amica incaricata di occuparsi della vendita della farmacia: la bionda gallerista dagli occhi azzurri e magnetici è la sua amante, la donna per cui lui ha lasciato la famiglia, e, cosa ancora più importante, è l’ultima ad aver visto Cesare Brin vivo.

È lei stessa a raccontarlo agli investigatori: i due hanno dormito insieme a casa di lei la notte del 12 agosto ma quando si è svegliata, intorno alle quattro e trenta, lui non c’era. Ha trovato però un bigliettino in cui lui l’avvisava che andava a farsi un giro. La cosa accadeva spesso e lei è tornata a dormire senza alcuna preoccupazione. Quando le chiedono come mai non si sia allarmata non avendo avuto notizie dell’uomo per oltre una settimana, la Guerinoni risponde candidamente che dell’uomo non le importava più nulla: stava solo aspettando che lui finalizzasse la vendita della farmacia per lasciarlo definitivamente visto che è innamorata di un altro uomo.

Ci sono però tre testimonianze che insospettiscono gli inquirenti: la prima è quella di una vicina di casa, che parla di voci e rumori strani dall’appartamento della Guerinoni nella notte del 12 agosto. La seconda è quella di una coppia di fidanzati che, nella stessa notte, hanno sentito urla e minacce e una voce di donna che supplicava di fare piano per il timore di essere scoperti. Infine, c’è il figlio di Cesare Brin, Poalo, sedicenne all’epoca dei fatti, che è sicuro che non fosse la Guerinoni a voler lasciare il padre ma semmai il contrario. Il padre, quel pomeriggio, gli ha confidato di aver deciso di tornare in famiglia e che aveva l’intenzione di “andare dalla Gigliola, darle due schiaffi e tornare”. Perché la Guerinoni ha raccontato il contrario? La donna dice che l’uomo per cui ha deciso di lasciare Cesare Brin è Raffaello Sacco, vicequestore di Genova, ma questo nega categoricamente. Gli investigatori iniziano a scavare nella vita della donna e non si capacitano del quadro che ne viene fuori.

Il vero nome di Gigliola è Anna Maria ed è figlia di Abramo Guerinoni, un maresciallo dei carabinieri, e di Maria Oddera. È nata a Cairo Montenotte il 23 febbraio del 1945 e a soli diciassette anni ha sposato Andrea Barillari, di professione metronotte; dal matrimonio nascono due figli, Alessandro e Fabio. È una bellissima donna dal fascino magnetico e quel nome, Anna Maria, le sta troppo stretto: lo cambia nel più civettuolo Gigliola. Mentre lavora come infermiera presso l’infermeria di una fabbrica di Savona conosce Ettore Geri, di 27 anni più anziano, contabile dal 1947 nella stessa azienda.

Quando conosce Gigliola, Ettore Geri è sposato con Laura Tobia e i due hanno una figlia, Giovanna. L’uomo perde la testa per la giovane infermiera e ne diventa subito l’amante. Ma la clandestinità non fa per lui e poco dopo esce allo scoperto: nel 1973 lascia la famiglia, utilizza la sua liquidazione per regalare alla sua amata una piccola galleria d’arte nella via centrale della città e affitta un appartamento sopra la galleria per andarci a vivere insieme. Dalla relazione nasce una bambina: Soraya Raffaella.

In quella casa entra presto però anche un’altra persona: Pino Gustini, un mediocre pittore che per sbarcare il lunario lavora anche come geometra. Pino ha conosciuto Gigliola a una mostra e se ne è innamorato all’istante; i due giocano a fare gli amanti per sette mesi poi lui lascia la famiglia e si trasferisce nell’appartamento sopra la galleria. Geri accetta la situazione e nella piccola cittadina tutti sanno dell’avvenente bionda che vive con il compagno, Ettore, e l’amante, Pino. Quello che nessuno sa è che il 22 settembre 1979 Pino e Gigliola contraggono matrimonio, cambiando radicalmente il ménage della casa: Pino passa da amante a marito, mentre Ettore torna al ruolo di amante. Il trio però continua però a vivere insieme.

Gustini è sì un mediocre pittore ma si dimostra un buon falsario e dedica le sue giornate a replicare i quadri di artisti famosi che vanno per la maggiore nella galleria sottostante. I soldi però non bastano mai: Gustini vende tutti i suoi averi per soddisfare i bisogni di Gigliola e ci sono anche degli screzi con l’ex moglie di Pino, Fiammetta Martini, che accusa la donna di averle portato via un appartamento e di aver dato fuoco a un negozio. Gustini muore improvvisamente a 52 anni nel 1986; le malelingue dicono che Gigliola abbia fatto mancare a Pino, gravemente malato di diabete, i farmaci e le cure necessarie. Lei fa tumulare il marito nel cimitero dei Porri e fa preparare il loculo accanto per lei, con il suo nome e la sua foto.

Gigliola però non è fatta per stare da sola e Ettore Geri è troppo anziano per darle quello di cui lei ha bisogno: presto si consola con Cesare Brin. Per Brin, Gigliola è la naturale conquista di una vita passata sotto i riflettori: è la più bella e desiderata della città e lui è l’”imperatore” di Cairo. Lasciata la famiglia si trasferisce anche lui nell’appartamento sopra la galleria, ma Soraya lo odia apertamente e a quel punto Ettore preferisce spostarsi in campagna con la figlia e lasciare che i due nuovi amanti si godano la loro intimità. Tutta Cairo Montenotte non parla d’altro.

Queste intricate storie d’amore e passione non sono tuttavia sufficienti per gli investigatori: Gigliola è certamente incline all’innamoramento e ha una reputazione da rovinafamiglie, ma questo non fa di lei un’assassina. Eppure, il suo racconto è confuso, spesso incoerente. E poi c’è il particolare della casa ridipinta nei giorni successivi alla scomparsa di Cesare Brin. Gli inquirenti parlano con l’imbianchino che si è occupato dei lavori, Giuseppe Cardea, che nega di aver visto macchie sospette sui muri quando ha lavorato nell’appartamento. La polizia scientifica gratta via la vernice giallo ocra che è stata usata in camera da letto e sul muro appaiono tracce di sangue inconfondibili. Anche le prese di corrente della camera da letto contengono macchie di sangue, mentre su un gradino della scala che collega la galleria con l’appartamento la scientifica trova un frammento osseo che all’analisi risulta appartenere alla teca cranica di Cesare Brin. Per Gigliola scattano le manette.

Gigliola decide di parlare con il pubblico ministero: la notte del 12 agosto due uomini, che lei non conosce, sono venuti nel suo appartamento a parlare con Cesare Brin. Sono invischiati con lui in un traffico di droga, che il Brin consuma e spaccia, e conversazione è degenerata per questioni di soldi. Sono stati loro ad ammazzare il farmacista e poi hanno fatto sparire il cadavere usando la macchina di Gigliola. Lei non ha detto nulla per paura di ritorsioni. Per gli investigatori la storia non ha riscontri.

A sparigliare le carte ci pensa Raffaello Sacco: l’ex questore di Genova confessa di aver aiutato la Guerinoni a trasportare il cadavere di Brin sul monte Ciuto la mattina del 13 agosto. Racconta di non essere stato presente al momento dell’omicidio ma l’amante gli avrebbe fatto capire di essere stata lei ad ammazzarlo perché l’uomo era troppo geloso. Gigliola racconta di aver mentito per fare pressioni sull’uomo e costringerlo a farsi aiutare.

Sacco racconta anche di essere stato aiutato da quattro persone: Giuseppe Cardea, l’imbianchino che si è poi occupato di ridipingere l’appartamento, Gabrile di Nardo, consigliere regionale e amico della gallerista, Mario Ciccarelli, operaio e buona conoscenza del Brin, e Giuseppe Pastorino, tuttofare della galleria. Insieme hanno caricato il corpo del Brin nella Opel di Gigliola e lo hanno portato in cima al monte, lo hanno spogliato e hanno bruciato i vestiti e infine lo hanno buttato giù per la scarpata. La storia è confermata da un benzinaio che ricorda la macchina guidata dalla Guerinoni con accanto l’ex magistrato.

Ma chi è stato l’autore materiale del delitto? Per Sacco è stato Ettore Geri. Il pensionato, l’amante scacciato dalla propria casa, inizialmente nega tutto, poi, messo alle strette, confessa. Gigliola lo avrebbe chiamato la sera del 12 agosto dicendo di non sentirsi bene; con la figlia Soraya si sarebbe recato all’appartamento che in passato a condiviso con la donna di cui è ancora innamorato e una volta dentro, alla vista di Brin che dorme nel letto che è stato suo, avrebbe perso la testa. Lo ha colpito, ripetutamente con un martello che la stessa Soraya gli avrebbe passato. La ragazza conferma di aver cercato il martello in cucina su richiesta del padre e di averglielo portato fino alla camera da letto, ma di essere rimasta fuori. Accusa solo sé stesso e scagiona completamente Gigliola che, al momento dell’omicidio, sarebbe stata in cucina, ignara di quello che stava accadendo in camera da letto. Lei si sarebbe solo occupata di far sparire il cadavere.

Poco dopo però il pensionato ritratta: si è incolpato solo per amore, quando è arrivato nell’appartamento, Cesare Brin era già morto. Soraya si rifiuta di parlare. Gigliola continua a sostenere la storia dei due uomini e del traffico di droga. Vanno tutti a processo: per l’accusa la mandate è Gigliola Guerinoni e l’esecutore materiale è Ettore Geri. Gli altri, a vario grado, sono inputati per occultamento di cadavere e intralcio alle indagini. Poco prima della sentenza però Gigliola mette in scena un vero colpo di teatro: litigando vivacemente in aula con il suo avvocato difensore consegna alla corte un memoriale in cui si addossa tutte le colpe, scagionando completamente l’ex amante e la figlia. Geri è libero.

Gigliola è condannata a ventisei anni di reclusione.

Cristina Crì

Si definisce una donna innamorata: innamorata della propria famiglia, del proprio lavoro, della vita. Innamorata del suo Andrea. Viaggia spesso per lavoro e piacere e nel poco tempo libero ama leggere, scrivere e collezionare intimo con cui stupire il suo lui.

Architetto e scrittrice, di base a Milano, vive e lavora gran parte dell’anno nella Penisola arabica dividendosi fra la passione per il design e quella per la scrittura.

La trilogia “Il mio Andrea” sorprende il pubblico con un romanzo autobiografico di profonda introspezione che porta il lettore per mano nei difficili meandri dell’amore incestuoso.

Liberatevi da ogni preconcetto e non potrete non amare i suoi personaggi. Calatevi senza pregiudizi nelle sue storie d’amore in cui il sesso, tanto, di qualità e ben raccontato, sarà di ispirazione per i vostri rendez-vous più peccaminosi.