Sensazioni
Cap 1 - Sensazioni
Quando trovai l'amato del mio cuore Lo strinsi forte,
e non lo lascerò.
Cantico dei Cantici
Spingeva il suo carrello della spesa pigramente, con fare assorto, guardando distrattamente ora a destra ora a sinistra. Non aveva in mente nulla di particolare; del resto si trovava in quel supermercato solo perché il volantino pubblicitario che il giorno prima aveva ricevuto direttamente a casa lo aveva convinto a farci un salto.
C’erano molte offerte e visto che avrebbe in ogni caso dovuto fare la spesa pensò non ci fosse nulla di male nel risparmiare qualche soldo.
Prese due bottiglie di vino; una di bianco frizzante e una di rosso. Prese due bottiglie di bagnodoccia al muschio selvatico. Gli piaceva quell’odore, gli piaceva la sensazione di freschezza e di vitalità che trasmetteva ai suoi sensi. Si era sempre fidato molto del suo olfatto. Se qualcosa lo interessava era principalmente per il suo odore. Aveva sempre pensato di poter fare a meno di tutti i suoi sensi, anche della vista se la sorte avesse deciso in quel senso, ma si sentiva impazzire anche solo all’idea di non poter più annusare le cose.
Ma fortunatamente non aveva problemi. Era forte e sano, il suo ultimo checkup non aveva rivelato problemi nascosti. Aveva anche diminuito il consumo di sigarette, soprattutto da quando il suo medico personale, che poi era anche uno dei suoi migliori amici, gli aveva rivelato che l’eccessivo consumo di nicotina col passare del tempo affievolisce non solo il gusto ma anche l’olfatto. Una orrenda rivelazione per lui che viveva di odori e sapori.
Era un bel ragazzo. Venticinque anni, ma ne dimostrava molti di meno, col suo viso liscio, sempre perfettamente rasato. Capelli di media lunghezza, lisci, di un color castano talmente chiaro che lo si sarebbe detto biondo. Un metro e novanta, fisico da atleta raggiunto con tante ore di palestra ma non con sacrificio, perché tenersi in forma era più un divertimento che una sofferenza.
Un ragazzo molto piacente tutto sommato. Lui lo sapeva. Lo sapeva perché tutte le passate esperienze glielo avevano confermato e perché mai una donna che lo aveva interessato gli era sfuggita. E poi perché conosceva gli sguardi che le donne gli lanciavano.
Lo si poteva dire molto sicuro di sé, e lo era. Non era quello che propriamente si dice un narcisista, quello no. Si piaceva, ecco tutto. E sapeva di piacere, che è più importante.
La radio del supermarket trasmetteva Cocaine, di J.J.Cale. Adorava quel pezzo e presto avrebbe avuto un motivo in più per amarlo.
Sebbene fossero quasi le sei del pomeriggio portava ancora gli occhiali da sole, non perché ve ne fosse motivo: del resto in un supermercato di sole ce n’è poco. Li portava perché i suoi Sting erano diventati una sorta di maschera e perché con tutte le notti passate a tirar tardi con gli amici anche la luce più tenue lo infastidiva.
Indossava i suoi jeans chiari, quelli un po’ attillati che facevano sempre colpo su una donna, e una camicia scozzese blu, molto larga e molto lunga, che cadeva giù, fuori dai pantaloni, fino a coprirgli il sedere.
Si sistemò i capelli lisci che non ne volevano proprio sapere di tenere una posizione prefissata e voltò pigramente in un corridoio che gli sembrava più libero degli altri, spingendo il carrello come se fosse la cosa più pesante del mondo, e in quel momento vide quello che più tardi avrebbe definito, senza ombra di dubbio, lo spettacolo più estasiante della sua vita.
Il suo carrello andò quasi a sbattere contro un altro che cercava di effettuare la manovra inversa contemporaneamente, ma non era quello il fatto rilevante. Quello che lo aveva lasciato estasiato era la donna che lo conduceva in una maniera così sconsiderata.
La prima cosa che poté distinguere nitidamente furono le sue scarpe. Di pelle nera, con un tacco di dodici, forse quindici centimetri, legate alle caviglie da un braccialetto fermato da una lucente fibbia dorata. E che belle caviglie. Dritte, sottili, perfette, evidentemente prese in prestito da una statua del Canova. Le pesanti calze scure fasciavano due gambe bellissime, sode e levigate come il marmo, lunghe e affusolate come quelle della Venere nella conchiglia.
Risalendo con lo sguardo più in su poté scorgere la corta gonna di velluto; aveva il colore della sabbia del deserto, stretta sui fianchi, con una piccola apertura sulla destra, che metteva in risalto una parte della coscia. Non poté fare a meno di confermare a sé stesso quello che già aveva pensato prima: erano senza dubbio il più bel paio di gambe che avesse mai visto.
Vide, come si può vedere in mezzo alle nuvole, una camicia bianca, abbottonata con cura fino al penultimo bottoncino e con altrettanta cura infilata nella gonna in modo da non lasciare pieghe, se non qualcuna, strategica, sui fianchi che a conferirle un’aria naturale e morbida.
Sopra la camicia, una giacca dello stesso colore e tessuto della gonna, a maniche intere, lunga fino alla vita, forse un poco oltre, con dei bellissimi bottoni dorati e un morbido fazzoletto di seta color porpora infilato nel taschino.
La piccola collana d’oro che portava al collo impediva la perfetta visione della sua pelle color avorio. Aveva una pelle bellissima. Se ne era già accorto prima, quando per un istante si era fermato a fissare le sue belle mani. Mani gentili, delicate, curate come lo sono quelle di un pianista. Le mani sono la parte più importante di una persona. È la prima cosa che presentiamo di noi stessi quando conosciamo qualcuno e da come sono curate e adornate rivelano gran parte della nostra personalità e della nostra predisposizione verso l’esterno.
Le sue erano bellissime. La pelle, bianca come il latte, a un primo sguardo si rivelava soffice come la pesca. Erano curate, lisce, perfette; sintomo di una persona attenta, di sicuro non superficiale, che tiene al suo corpo come ad ogni altra. Aveva un solo anello, all’anulare della mano destra, e di solito questo vuol dire che la persona non ama portare maschere e nascondersi dietro le apparenze. Era una personalità speciale, di quelle che amano vivere tutte le esperienze fino in fondo, senza lasciarsi sfuggire nulla. Non si era mai sbagliato in proposito e di certo non cominciava ora.
I polsini, accuratamente rivoltati sulle maniche della giacca, confermavano quel carattere aperto e attento. Sono poche le donne che deliberatamente mettono a nudo i loro polsi in quel modo. È un retaggio antico, una specie di coscienza ancestrale. Quando una donna lo fa è un messaggio di coinvolgimento totale delle storie che ha vissuto, che sta vivendo o che vivrà.
La guardò un istante. Per un breve istante fissò la sua figura intera, poi guardò il suo viso. Perfetto. Bellissimo. Solo nella sua mente aveva immaginato una tale bellezza. Era dolce, solare, pieno di gioia e vitalità.
Il poco trucco che portava era studiato e ben fatto. Solo un po’ di fondotinta, per colorire quelle guance che all’esposizione del sole avrebbero dovuto riflettere una luce così intensa da ferire le cornee di chi guardava con attenzione. Poco rossetto chiaro sulle labbra ben disegnate dalla sottile matita nera. Se non fosse stato per la luce artificiale delle lampade, avrebbe detto che fosse il colore naturale di quelle perfette armi da seduzione.
Il poco mascara sulle lunghe ciglia risaltava l’intensità del verde dei suoi occhi. Occhi grandi, profondi, pieni di vita. Occhi simmetrici, divisi da un bel nasino all’insù, che si sarebbe detto fin troppo impertinente se non fosse stato in quel contesto di perfezione assoluta. I bei capelli castani scendevano lisci fino all’altezza delle spalle.
Una castana con gli occhi verdi, pensò immediatamente, e si rese conto di quanto fosse straordinariamente eccezionale la creatura che aveva di fronte.
Anche lei lo fissò per un attimo, intensamente, poi le sue labbra sensuali si schiusero con un movimento dolce che mise in mostra una fila di denti bianchi come l’avorio; un sorriso incantevole, uno spettacolo magnifico carico di erotismo.
Chiese scusa piano, inclinando un poco il capo verso sinistra, di modo che i lisci capelli scoprissero una generosa parte di collo. Poi, sempre col capo un po’ inclinato, con un gesto calmo, studiato eppure eseguito con formidabile naturalezza, si passò una mano fra i capelli, sistemandone con l’indice una ciocca dietro l’orecchio.
Nelle movenze era felina come una pantera, sensuale e incredibilmente erotica. Ma non era solo quello. La sua voce era calda, controllata, melliflua. Sembrava provenire direttamente dal cuore o comunque da una dimensione estranea a quella terrestre. Aveva un effetto rassicurante, come quella della mamma che canta una nenia al proprio bambino; era molto piacevole e presto lui non ne avrebbe più potuto fare a meno.
Si tirò un po’ da parte, così da lasciare uno spazio necessario al passaggio dei due carrelli d’acciaio; poi proseguì sicura, incedendo con passo leggero fra quei corridoi pieni di gente.
Lui rimase per un attimo come stordito, continuando a seguirla con la coda dell’occhio come se non potesse farne a meno. Poi, quando si riebbe dal proprio incanto, proseguì per il corridoio che aveva già imboccato, riflettendo stupidamente o forse non pensando affatto.
Dal banco frigo prese della panna spray: era l’unica che gli serviva davvero visto che a casa era terminata e che la panna spray non dovrebbe mai mancare nel bar di una abitazione. Poi, istintivamente, prese una confezione di preservativi da dodici. Era in offerta, ma non la prese per quello. E neanche perché ne avesse bisogno, dal momento che a casa non mancavano di certo. La prese soltanto perché ne fu attratto. Fu attratto dalla bellissima immagine della confezione, con i due giovani amanti congiunti sulla riva di una spiaggia deserta, al tramonto, con le loro figure sfumate fra il rosso e l’arancione del sole che si spegne nel mare.
Si ricordò che in casa era finita anche l’acqua. Si avviò verso il fondo del supermarket e in un corridoio laterale rivide la visione di poco prima.
Era piegata in direzione dell’ultima mensola dell’enorme scaffale che ricopriva tutta la parete, intenta a scegliere qualcosa che a prima vista sembrava un sapone liquido. Il ginocchio sinistro toccava quasi terra, con lo spacco della corta gonna che metteva generosamente in mostra una notevole porzione della sua coscia destra, piegata a novanta gradi a sostegno della precaria posizione.
Questa volta fu lei a restare come intontita, accorgendosi che lui la fissava. Arrossì leggermente, nuovamente sorrise, si rialzò con movimento veloce ed armonico, infilò il sapone liquido nel carrello della spesa e iniziò a spingere nella direzione opposta a quella del giovane. Si fermò dopo pochi passi e con un lento movimento del collo si voltò a controllare che lui fosse ancora lì. Fu un movimento naturale, quasi istintivo, carico di una forza e di una sensualità che avrebbe mozzato il fiato a chiunque. Sorrise ancora e riprese a camminare.
Questa volta l’effetto sul giovane fu devastante. Perse ogni astrazione del tempo e della realtà. Quando riprese il possesso delle sue facoltà cognitive sentiva uno stordimento generale che investiva tutto il corpo.
Ogni altro pensiero era stato annullato, cancellato definitivamente dalla sua mente. Con fare meccanico spinse la sua spesa fino alle casse, più per abitudine che per volontà. Aveva dimenticato l’acqua, ma nello stato in cui era, completamente assorbito da una immagine che ancora non riusciva a definire con lucidità, sforzarsi di ricordare, per lui che aveva sempre potuto contare su una mente lucida e razionale, era una fatica insostenibile.
Con lo sguardo basso che fissava il roteare ipnotico delle rotelle del carrello giunse ad una delle tante casse del supermarket e lì attese in estatica contemplazione degli ultimi avvenimenti.
Quando si rese conto che il nastro girevole era vuoto realizzò che era il suo turno e con movimenti da automa prese a depositarvi la sua spesa. La cassiera chiese se aveva bisogno di sacchetti e lui annuì col capo, senza staccare la mente dal suo pensiero, da quella immagine che oramai si stava definendo sempre con maggiore perfezione.
La ragazza col camice blu del supermercato passò i prodotti sul lettore di codici a barre con fare noioso, priva di energia nei movimenti, visibilmente stanca, ansiosa di finire e tornare a casa. Lui era il suo ultimo cliente: la luce sopra la cassa era stata già spenta e questo spiegava perché non ci fosse nessuno dietro il ragazzo che continuava lentamente a posare sul nastro il contenuto del carrello.
Lui intanto aveva fatto tutto senza curarsi di quello che gli accadeva intorno. Era troppo preso dal suo sogno per svegliarsi. A riportarlo alla realtà fu la voce della cassiera che annunciava il totale della sua spesa. Era il momento di pagare e di tornare con i piedi per terra,
Sfilò il portafoglio dalla tasca posteriore dei suoi jeans aderenti, porse alla cassiera la tesserina del supermercato senza la quale non avrebbe ricevuto alcuno sconto, e lui era lì solo per quello, e attese che la ragazza comunicasse il nuovo ammontare. Poi prese una banconota e la passò alla ragazza. Questa contò diligentemente il resto e lo consegnò al ragazzo insieme allo scontrino. Poi, con fare veloce, chiuse la cassa, passò uno straccio imbevuto di alcool sul lettore di codice a barre, prese la cassetta con i soldi, si alzò dalla piccola sedia senza schienale e si avviò decisa verso un piccolo ufficio alla sua destra.
A questo punto bisognava davvero darsi da fare. Se la cassiera era andata via doveva essere davvero tardi. Doveva sistemare la spesa nel sacchetto di plastica e poi tornare a casa. Si mise subito all’opera. Sollevò lo sguardo per avere una esatta stima del lavoro da svolgere e la sorpresa fu di quelle grandi, di quelle che ti lasciano col cuore in gola e che ti fanno rischiare l’infarto.
La splendida fanciulla che fino ad ora era stata l’unico interesse dei suoi pensieri era di fronte a lui in tutto lo splendore che la sua bellezza le attribuiva.
Anche lei indaffarata a riporre la spesa in un sacchetto di plastica alzò lo sguardo per un breve istante e anche stavolta rivolse un meraviglioso sorriso all’indirizzo del giovane che non poté fare a meno di ricambiare. Poi, preso il coraggio a due mani, o meglio, con quella poca spavalderia che gli era rimasta, quella poca che la bellezza disarmante della ragazza non aveva portato via, le si rivolse con il tono di voce più tranquillo e rilassato che gli riuscì, timoroso che il rumore del suo cuore in subbuglio potesse coprire il suono delle sue parole.
«Temevo che non l’avrei più rivista, che fosse uscita dalla mia vita per sempre» continuava a fissarla incurante del resto «e in tal caso l’amarezza mi avrebbe di sicuro sopraffatto».
Lei intanto lo guardava sempre con quel sorriso dolce, evidentemente imbarazzata da quel primo contatto, ma al tempo stesso lusingata dalle attenzioni che il giovane le manifestava.
«Anche lei vive sola!» Continuò lui che oramai, superato il momento del primo impaccio, proseguiva spedito in quell’interminabile e dolcissimo gioco del corteggiamento.
Lei lo guardò per un attimo come stupita, esterrefatta. Quando si rese conto di quello sguardo smarrito lui le si rivolse premuroso: «Ha comprato un quarto di pollo allo spiedo già pronto, due soli panini e tre bottiglie d’acqua. Ne deduco che vive sola e che per stasera non avrà ospiti a cena. Il resto della sua spesa è piuttosto normale direi; niente di speciale che lasci trasparire qualcosa della sua personalità, eccezion fatta per il bagnoschiuma al pino silvestre che denota un ottimo gusto in fatto di odori, come del resto conferma il suo intenso profumo di muschio bianco. Ha scelto un profumo che le si addice molto e che, se mi posso permettere, in unione con l’odore naturale della sua pelle dà origine a una fragranza molto piacevole. Spero che non mi giudicherà eccessivamente scortese se le confido che trovo il suo odore, nel complesso, estremamente erotico.»
Lei sorrise, questa volta più a lungo e più intensamente.