Sensazioni
Cap 10 - Che belle che sono le donne italiane
La cosa migliore degli animali
è che parlano poco.
Thornton Wilder
Alle sette e mezza aveva finito di sistemare la camera da letto e il bagno adiacente. C’era ancora polvere ovunque e avrebbe voluto avere con sé delle lenzuola pulite per il letto ma per il momento si doveva arrangiare e dormire nel sacco a pelo che aveva comprato in Olanda qualche settimana prima. Controllò l’orologio: gli rimaneva mezz’ora per fare una doccia veloce e rivestirsi. Doveva sbrigarsi.
Mentre si insaponava sotto il getto d’acqua della doccia gli venne in mente Elena. Erano passate quasi sei settimane dall’ultima volta che l’aveva vista in occasione della consegna dei diplomi. Era stata una cosa molto formale. Lui era salito sul palco e aveva tenuto il suo discorso di commiato in qualità di studente più meritevole; lei lo aveva introdotto e lo aveva abbracciato come da tradizione. Mentre lo baciava sulle guance lui l’aveva tirata a sé, godendo del contatto di quel corpo che aveva stretto tante volte fra le braccia, e lei lo aveva lasciato fare, spingendo col bacino contro il suo pube e premendo forte il seno contro il suo petto.
Quello era stato non solo il loro ultimo contatto fisico ma anche l’ultima volta che avevano avuto modo di parlarsi. Subito dopo lei era sparita e per quanti sforzi avesse fatto non era riuscito a salutarla prima della partenza.
Uscì dalla doccia e si asciugò velocemente poi indossò un paio di pantaloni blu con ampi tasconi laterali e una maglia di cotone beige a maglie piuttosto larghe. Aveva comprato tutto a Torino il giorno prima, motivo per cui non erano sgualciti e inservibili come il resto della sua roba.
Controllò che il cellulare avesse finito il suo ciclo di carica e se lo infilò in tasca. Prese una bottiglia di Moët che aveva comprato all’emporio a Como e si avviò a piedi verso la villa alla fine della strada.
L’ingresso con le grandi colonne di granito gli era famigliare ma tutto intorno doveva essere stato rifatto dall’ultima volta che era stato lì perché non riuscì a trovare niente che lo aiutasse ad orientarsi. Il grande prato coltivato all’inglese con tante aiuole piene di fiori tutte intorno era sparito per far posto a una grande costruzione che ospitava una piscina e un campo da tennis coperti e riscaldati. Per un attimo trovò strano vedere una piscina coperta in un paese famoso per il suo bel clima; poi ricordò di un inverno freddo che aveva trascorso in Italia quando aveva dodici anni e la cosa non gli parve tanto inutile.
Costeggiò il nuovo edificio seguendo la direzione delle luci provenienti dalla casa e tenendosi sul sentiero lastricato che con ogni probabilità serviva d’accesso a chi arrivava in auto dalla parte della strada. Ricordava che da qualche parte c’era anche un ingresso per chi arrivava a piedi ma nell’oscurità della notte non sarebbe mai stato in grado di ritrovarlo, ammettendo sempre che fosse ancora là e che nel frattempo qualcuno non l’avesse cambiato o addirittura eliminato.
La facciata della grande casa di mattoni rossi era illuminata dal fuoco acceso in due alti bracieri che le conferivano un aspetto spettrale. Probabilmente hanno acceso i due bracieri per la mia visita, pensò mentre osservava meravigliato lo spettacolare gioco di luci ed ombre.
Ricordava la passione del padre di Cristina per i cani e si guardò intorno alla ricerca di segnali che rivelassero la presenza di qualche animale ma non vide e non sentì nulla. “Le cose cambiano”, pensò ricordando a quante volte da bambino aveva tremato alla vista dei doberman del padrone di casa. Suonò il campanello e attese.
L’attesa non durò che pochi minuti. Ad aprirgli fu una ragazza sulla ventina che indossava una divisa nera da cameriera, con grembiulino bianco e una buffa coroncina sulla testa. Si presentò e lei gli prese la bottiglia dalle mani invitandolo ad accomodarsi nel salone dove era stato già servito l’aperitivo.
Dall’interno della villa giungevano i rumori di quella che, a una prima impressione, doveva essere una festa e lui capì d’aver sbagliato tutto. Pensava a una tranquilla cenetta in famiglia; a giudicare dal vociare doveva essere un ricevimento con almeno un centinaio di invitati. Non era preparato ad una festa e la cosa lo turbò un attimo.
Ricordava il salone al pian terreno, con l’ampio camino al centro e la libreria sul lato destro; l’arredamento era stato cambiato ma il camino e la libreria erano ancora là. Era una stanza quadrata, dalle pareti regolari, davvero grande anche per i metri di giudizio di qualcuno abituato a vivere in una specie di castello, ma quella sera era così pieno di persone da apparire piccolo.
Gli invitati riempivano tutti gli spazi formando piccoli gruppi di quattro, cinque persone al massimo, che conversavano amabilmente a voce bassa. Di tanto in tanto qualcuno si staccava da un gruppetto e ne raggiungeva un altro; in questo modo le formazioni cambiavano rapidamente e una notizia o un pettegolezzo faceva velocemente il giro del salone.
Un cameriere gli porse un bicchiere pieno di liquido azzurro e Mark lo vuotò di un fiato: era incredibilmente alcolico, probabilmente a base di spumante italiano, e Mark sentì lo stomaco bruciare e contorcersi. Avrebbe dovuto mangiare qualcosa prima di bere e per rimediare si diresse al tavolo del buffet. Prese una tartina imburrata ricoperta di salmone e la mangiò lentamente, godendosi il piacevole sapore del pesce affumicato. Poi fu la volta di una focaccina salata e di una crocchetta di patate. A questo punto lo stomaco aveva smesso di lamentarsi e si mosse alla ricerca della padrona di casa.
Trovò Cristina seduta su un divano grigio intenta a discutere animatamente di politica con una vecchia Signora truccata pesantemente e piena di gioielli. Aspettò in disparte che lei lo notasse e lo invitasse con un gesto.
Alla luce del faretto rosso era bellissima. Indossava un abito azzurro senza maniche incredibilmente corto, chiuso sul davanti da una cerniera che partiva dal solco fra i seni e arrivava fino alla fine. Per essere a tono con l’atmosfera formale del ricevimento e degli altri invitati avrebbe probabilmente dovuto tirare su la chiusura di almeno altri dieci centimetri, ma aveva un seno così tondo e sodo che sarebbe stato un peccato non metterlo in mostra. Il faretto rosso lanciava strani riflessi sulla chioma bionda e gli occhi azzurri brillavano in maniera quasi innaturale ma a colpirlo fu soprattutto la straordinaria sensazione di eleganza che emanava ogni volta che parlava o muoveva una spalla o faceva un gesto con la mano.
Intercettò il suo sguardo mentre un altro cameriere gli offriva una coppa di brut e si avviò con passo deciso nella sua direzione. Quasi contemporaneamente lei si scusava con la vecchia Signora e si alzava per andargli incontro. Si incontrarono a metà strada. Gli mise una mano sul torace e gli passò l’altra attorno alla vita, premendo col seno contro le sue costole.
«Sono contenta che sei arrivato!» Sorrideva e sembrava veramente felice di rivederlo. «Pensavo che avessi deciso di rinunciare all’ultimo momento.»
«Come vedi sono qua!»
«Sì, l’ho notato!» Girò la testa sorridendo. «E lo hanno notato anche tutte le presenti!»
Mark si guardò intorno. Quasi tutte le donne nella sala lo fissavano incuriosite e affascinate allo stesso tempo. Le ragazze più giovani parlavano a voce bassa lanciandogli occhiate a volte lascive altre volte ammiccanti, le donne più mature si limitavano a guardarlo e a commentare con le vicine. Gli succedeva spesso, ma era difficile abituarcisi e si sentì leggermente imbarazzato.
«È meglio che ti presenti a qualcuna di loro, prima che muoiano per la curiosità.» Disse lei stringendogli delicatamente un braccio e trascinandolo in direzione di un gruppetto di donne di mezza età in piedi al centro del salone.
«Pensavo che fosse una cena in famiglia.» Disse lui mentre attraversavano la sala.
«Avevo dimenticato del ricevimento di stasera; papà me lo ha ricordato
quando sono rientrata dopo il nostro incontro. Spero che la cosa non ti imbarazzi!»
«Niente affatto. Sono stato solo colto di sorpresa, ecco tutto! E poi non credo di essere vestito in modo appropriato.»
«Stai benissimo. Non preoccuparti degli altri: è su di me che devi fare colpo e finora sei andato benissimo.»
Nel frattempo, avevano raggiunto un gruppo formato da quattro donne, tutte sulla quarantina, che ridevano rumorosamente e bevevano spumante. Indossavano tutte abiti piuttosto eleganti, anche se dal taglio informale più adatto ad una serata estiva a casa di amici. Una di loro attrasse l’attenzione di Mark per via della straordinaria somiglianza con Cristina.
Aveva i capelli corti, con un taglio strano e piuttosto irregolare che doveva essere molto di moda in Italia visto che almeno metà delle presenti era pettinata allo stesso modo. Il colore biondo era meno intenso di quello di Cristina ma probabilmente con l’età e i primi capelli bianchi aveva dovuto tingerli e quelli avevano perso il colore originale.
Indossava un abito di seta color sabbia, sostenuto sulle spalle da sottili spalline e molto aderente sui fianchi. Mark fissò la vertiginosa scollatura e il grosso seno che lottava per uscire all’esterno e mettersi in bella mostra. Poco prima, mentre era voltata di spalle, aveva avuto modo di notare la schiena completamente nuda e il bel fondoschiena fasciato dalla stoffa sottile. Non aveva reggiseno e Mark era pronto a scommettere che non indossava nemmeno le mutandine.
La pelle era straordinariamente bianca, cosa piuttosto eccezionale vista la stagione e il feeling che le donne italiane sembrano avere con il sole, e le conferiva l’aspetto di una bella bambola di porcellana. Le spalle erano ampie e muscolose e le braccia ben sviluppate, con bicipiti tonici e ben allenati. D’istinto abbassò gli occhi per poter osservare le gambe, ma il vestito la copriva fino alle caviglie e ne restò vagamente deluso.
Mentre si avvicinavano aveva notato il suo portamento elegante e la grazia nei movimenti, ma soprattutto la strana impressione di fluidità che derivava da ogni suo gesto. Mark non aveva dubbi che anche lei fosse una nuotatrice e questo lo riportò con la mente ad Elena.
«Mamma, lui è Mark! Ti ricordi di Mark Goodwind vero?! Il nipote del Signor Goodwind, proprietario di villa Marta.»
«Certo che mi ricordo di lui!» Rispose la donna tendendo la mano e sorridendo in modo da mettere in mostra una fila di splendidi denti bianchi. «Spero piuttosto che lui si ricordi di me!»
«Non ricordavo quanto fosse bella.» Rispose lui stringendole la mano. A Londra probabilmente l’avrebbe baciata ma ricordava che in Italia certe galanterie erano considerate più come gesti villani e preferì rinunciare.
«Dio quanto sei cresciuto e che bel ragazzo sei diventato!» Continuò lei spingendolo sotto la luce di un lampadario di cristallo per osservare meglio il suo volto. «Quando è stata l’ultima volta che ti ho visto?! Fammi pensare, cinque anni fa?»
«Più o meno.» Rispose lui. «L’ultima volta che sono stato in Italia mio nonno era ancora vivo e in buona forma. Si è ammalato l’anno successivo e da allora villa Marta è stata praticamente disabitata.»
«Non direi proprio,» interruppe una delle donne che era lì affianco «sono sicura di avervi visto qualcuno non più di due mesi fa!»
«Probabilmente si riferisce ai lavori di ristrutturazione. Ci devono essere stati operai che andavano avanti e indietro!» Rispose Mark leggermente indispettito da quella vecchia pettegola.
«No, sono sicura che è stato dopo i lavori di restauro. I muratori erano già andati via da una decina di giorni e un giorno, passando per caso, ho visto un uomo e una bella ragazza che prendevano il sole sul bordo della piscina.»
«Temo che dalla strada sia impossibile vedere la piscina; probabilmente si confonde con un’altra villa.» A questo punto era veramente esasperato dalla discussione.
«Non ero in strada,» ribatté lei in tono seccato «ero qui. Stavo passeggiando vicino alla siepe e da una fessura fra gli arbusti ho notato la strana coppia. All’inizio mi sono sorpresa di non conoscere nessuno dei due, poi sono rimasta scioccata nel vederli mentre si abbracciavano e si baciavano; lui doveva avere almeno il triplo degli anni di lei.»
«Forse dovrebbe passare meno tempo a sbirciare nei giardini degli altri,» rispose Mark indispettito dalla tenacia della donna «così non avrebbe di che scandalizzarsi.»
Lei arrossì di colpo per lo smacco ricevuto e si voltò in direzione di alcuni invitati vicino al buffet. Andò via senza salutare sotto lo sguardo severo degli altri presenti. Mark si rivolse alla padrona di casa:
«Mi scuso del mio comportamento.» Disse. «Non è mia abitudine offendere le persone in questo modo! Quella donna è riuscita a farmi saltare i nervi, non so come scusarmi!»
«Lei non ha nulla di cui dispiacersi.» Rispose lei con un sorriso affabile. «Era tempo che qualcuno desse una lezione a quella vecchia pettegola e l’avrei fatto io stessa se non fosse stato per mio marito. È in società col marito della strega e io sono obbligata non solo ad invitarla a tutti i ricevimenti e per tutte le feste ma anche a far finta di gradire la sua presenza. In verità mi hai reso un grande servizio.»
Le ultime parole erano state pronunciate sottovoce, quasi bisbigliando. Lei lo aveva preso sottobraccio e lui si era chinato un po’ per permetterle di raggiungere il suo orecchio. Mentre lei parlava piano, lui aveva avuto una panoramica generale dei suoi seni, arrivando a scorgere i grossi capezzoli tesi contro la stoffa sottile. In qualche modo era convinto che lei lo avesse fatto apposta e il sorriso compiaciuto dopo che si erano slacciati da quella posizione così intima confermava i suoi sospetti.
«Allora dimmi di te! Che hai fatto in tutti questi anni?»
«Mi sono diplomato qualche settimana fa, a ottobre frequenterò la facoltà di informatica della Los Angeles University. Per il momento sono in vacanza e mi sto divertendo molto.»
«Magnifico! Mi sembra che tutto vada per il meglio. Quanto hai intenzione di fermarti in Italia?»
«Almeno due settimane, forse anche di più. Tutto dipende dalle cose che avrò da fare o da vedere!»
«Sono convinta che Cristina non avrà nulla in contrario a farti da Cicerone. Vero tesoro?»
«Vedrai che ci divertiremo moltissimo!» Rispose lei con un sorriso ammiccante all’indirizzo della madre. «Intanto c’è qualcuno che vorrei presentarti!» Lo prese per un braccio e lo condusse attraverso il salone in direzione del giardino.
Approfittando della bella serata molti invitati si erano spostati all’esterno per godere della frescura notturna. C’era un gruppo di uomini che fumavano sigari sotto il porticato e parlavano di politica; Mark intercettò i lori discorsi ma non riuscì a comprendere molto.
Vicino a un roseto due ragazze sedute su un divano bevevano vino bianco e discutevano allegramente. Una delle due era veramente bella, con lunghi capelli castani e straordinari occhi verdi messi in risalto dalla splendida abbronzatura. Ogni volta che sorrideva le labbra sottili si aprivano per mettere in mostra una fila di splendidi denti bianchi. Accanto a lei una ragazza dai capelli rossi stringeva fra le dita una sigaretta e rispondeva ai sorrisi dell’altra agitando la testa in un gesto di disapprovazione. Mentre si avvicinavano Mark notò la mano della seconda ragazza posata sul ginocchio dell’amica e per un istante provò una fitta di gelosia ingiustificata.
«Ragazze, vorrei presentarvi Mark!» Continuava a tenerlo stretto, come se avesse paura che una delle due potesse portaglielo via. «Mark, loro sono Giulia e Teresa!» E indicò rispettivamente la mora e la rossa. Mark fece un cenno col capo ad entrambe.
«Ci stavamo chiedendo quando ti saresti decisa a presentarcelo.» A parlare era stata la ragazza dai capelli rossi. Mark non riuscì a capire nulla per via del forte accento ma la cosa non lo preoccupò: in quel momento la sua attenzione era rivolta unicamente alla bella Giulia.
«Si fermerà a Como per almeno due settimane, quindi avrete modo di conoscerlo. Credo sia ora di mettersi a tavola!» Si rivolse a Mark. «Hai fame?»
«Tanta.»
«Allora andiamo.» Strinse con delicatezza il suo braccio attorno a quello di lui e insieme raggiunsero l’ampia terrazza piena di tavolini in legno ricoperti da tovaglie di lino bianco e apparecchiati per quattro persone. Lungo le scale che portavano in terrazza incontrarono il padrone di casa. Mark lo salutò velocemente, lui si scusò di non potergli dedicare più tempo e lo invitò per il caffè il pomeriggio seguente.
Presero posto allo stesso tavolo, Mark, Cristina e le due ragazze che aveva conosciuto poco prima. Mark notò i piatti di ceramica bianca con i bordi dorati, gli splendidi bicchieri in cristallo lavorati a mano e le posate in argento finemente cesellate. Tutto quello era in mostra per far colpo su qualcuno e improvvisamente fu assalito da una curiosità bruciante: a chi era destinato tutto quello sfoggio?
Si guardò intorno alla ricerca del tavolo dei padroni di casa: se c’era un ospite d’onore sicuramente doveva cenare con loro. Si sorprese nel vederli in compagnia della vecchia Signora che aveva zittito poco prima e di quello che con ogni probabilità era il marito e socio in affari del padre di Cristina.
Dieci camerieri in livrea iniziarono a servire gli invitati e Mark approfittò della pausa nella conversazione delle tre amiche per parlare con Cristina.
«Dimmi una cosa!» Disse avvicinandosi al suo orecchio sinistro. «Cosa si festeggia stasera? Perché questo ricevimento?»
«Stasera festeggiamo i trent’anni d’attività della ditta di mio padre. Fra gli invitati, oltre ad amici di famiglia e qualche parente, ci sono tutti quelli che in qualche modo hanno un rapporto d’affari con mio padre e il suo socio.
La cosa cominciava ad avere senso: la cena era solo un pretesto per mettere in mostra il proprio successo e per coltivare buoni rapporti d’affari. Probabilmente in America o in Inghilterra avrebbero organizzato un ricevimento del genere in una sala congressi o in qualche hotel ma in Italia le cose andavano diversamente. Tutto quel lusso serviva ad abbagliare la gente, a suscitare invidia e meraviglia, come l’ingresso di casa illuminato dai due bracieri.
Cominciarono con gli antipasti e proseguirono attraverso un menù di diverse portate, tutte a base di pesce. Mark aveva appetito e mangiò tutto con gusto, riscoprendo la bontà della cucina italiana. Tutta la cena fu accompagnata da diversi vini bianchi e rosati provenienti da ogni parte d’Italia e lui li provò tutti. Alla fine della serata si sentiva un po’ alticcio ma era in grado di controllarsi e del resto aveva sempre retto bene l’alcool.
La torta fu servita nel salone dove avevano preso l’aperitivo, accompagnata da una serie infinita di amari e altri superalcolici. Mark assaggiò soltanto un limoncello preparato da alcuni frati siciliani. Ricordava tutte le volte che suo nonno gli aveva decantato le meraviglie degli agrumi di Sicilia e non volle perdere l’occasione. Il profumo era meravigliosamente intenso, come di un limone appena tagliato, e anche il gusto vellutato era straordinario. Avrebbe voluto berne ancora, ma si disse che aveva bevuto abbastanza e rinunciò.
Verso l’una la maggior parte degli invitati prese congedo salutando i padroni di casa e complimentandosi per la splendida serata; Mark si propose di fare altrettanto ma fu bloccato da Cristina.
«Allora, che ne diresti di una passeggiata digestiva?! Guarda che non accetto un rifiuto!» Propose passandogli un braccio intorno al suo e accarezzandolo sulla mano.
«Anche se volessi, e ti assicuro che non voglio, sarebbe impossibile rifiutare l’invito di una bella ragazza come te.»
Si incamminarono in direzione del giardino puntando verso una piccola costruzione leggermente distaccata dal resto della casa. Mark non l’aveva notata quando era arrivato e non era neanche sicuro che ci fosse l’ultima volta che era stato lì. Doveva essere una costruzione recente come la piscina coperta che lo aveva tanto disorientato all’inizio.
«Allora, sei riuscito a sistemare casa?» Chiese lei sedendo su una panchina in legno posta proprio di fronte alla costruzione in mattoni rossi che ricalcava lo stile della casa principale.
«Ho dato una pulita alla camera da letto e al bagno ma l’effetto non è stato proporzionale allo sforzo. Domani verrà la squadra delle pulizie e mi auguro che loro ottengano risultati migliori. Non ho neanche le lenzuola per il letto: speravo di trovarne un paio in casa ma non sono stato fortunato.»
«Che ne diresti di restare qui con me stanotte?!» Il sorriso ammiccante rivelava più di un invito innocente. Mark ne fu molto meravigliato.
«Mi piacerebbe molto restare, ma non vorrei disturbare i tuoi.»
«I miei vivono nella casa grande e io abito nella dependance.» Indicò la casa che avevano di fronte «Non credo che li disturberai se passi la notte con me, anzi, credo che non se ne accorgeranno affatto.» Mise una mano sopra la sua cosca sinistra e cominciò ad accarezzarlo vicino l’inguine. «E ora che ne diresti di darmi un bacio!? È tutta la sera che non penso ad altro!»
«Se devo essere sincero anche io ho pensato molto a questa eventualità. Quando ti ho visto alla luce di quel faretto rosso…eri così desiderabile…»
«Poi hai conosciuto Giulia e le hai sbavato dietro per tutta la sera!» Ribatté lei con fare ironico.
«Si vedeva tanto! In effetti e molto carina, ma la padrona di casa ha monopolizzato la mia attenzione.»
«Ti riferisci a me o a mia madre? Ho visto come la guardavi e ho visto come lei guardava te: ti divorava con gli occhi.»
Mark arrossì di colpo: non si aspettava tanta sfacciataggine. La ragazzina con le treccine era cresciuta e sotto l’aspetto di creatura angelica si celava un piccolo diavoletto. Mark se ne stava convincendo poco alla volta.
«Allora» riprese lei poggiando una mano proprio sul suo membro in erezione e spingendo leggermente «posso avere questo bacio o devo aspettare ancora molto.»
«Come rifiutare un invito così cortese!» Si chinò leggermente e la baciò sulle labbra. Tutto il vino che aveva bevuto gli fece apparire la situazione piuttosto irreale, ma la pressione sul pube e la meravigliosa sensazione della lingua di lei che saettava nella sua bocca duellando con la sua lingua lo convinse della realtà di quello che stava accadendo.
Rimasero sulla panchina a baciarsi per un po’ poi lei si sollevò e si mise a cavalcioni su di lui, con le ginocchia appoggiate sulla panchina e il sedere poggiato sulle sue gambe.
Senza interrompere quello che stavano facendo lei fece scendere la zip del vestito lasciando che il seno sodo si godesse la soffice brezza notturna, sollevò la maglia di lui e smise di baciarlo mentre gliela sfilava di dosso velocemente.
Prese la sua testa e la indirizzò verso un capezzolo, accarezzando contemporaneamente i capelli e il collo muscoloso con entrambe le mani. Mark si lasciò guidare come un cucciolo e prese a succhiare quelle piccole ciliegie prima piano, poi con più foga mentre lei inarcava la schiena e emetteva leggeri mugoli appena percettibili nel rumore del respiro affannato di entrambi.
Dopo qualche minuto, sentì le mani di lei muoversi freneticamente vicino alla vita alla ricerca della cinta dei pantaloni. Sentì prima tirare, poi il rumore metallico della fibbia che si apriva e subito dopo sentì le sue mani sulla pelle. Era riuscita a slacciare tutti i bottoni dei pantaloni e adesso lo accarezzava sugli addominali e lungo i fianchi.
Era rimasta leggermente stupita quando gli aveva accarezzato il ventre e aveva toccato gli addominali duri come la roccia e ben modellati. La sensazione era strana ed era rimasta ad accarezzarli per un po’, sorpresa da come fosse possibile riconoscere ogni singola fascia muscolare semplicemente sfiorandolo. Avrebbe voluto vederlo nudo alla luce del sole: probabilmente sarebbe stato bello come una antica statua greca, forse come il David del Buonarroti. Ma prima lo voleva dentro di sé.
Infilò la mano dentro i boxer elasticizzati e afferrò una poderosa erezione. Riuscì a tirarla fuori solo grazie all’aiuto di lui che si piegò leggermente per facilitare il suo compito, poi si sollevò leggermente il vestito che nel frattempo era salito fino ai fianchi e si calò piano sopra di lui.
Mentre affondava dentro di lei si rese conto di quanto fosse eccitata. Negli ultimi dieci minuti erano passati da una casta passeggiata sotto le stelle a fare sesso all’aperto su una panchina nel prato di casa sua, col rischio che qualcuno della servitù o peggio ancora uno dei suoi genitori li scoprisse.
«Forse è meglio continuare dentro.» Disse lui cercando di prendere la decisione che in quel momento gli sembrava migliore anche se ogni fibra del suo corpo desiderava che lei non si fermasse.
«No!» Rispose eccitata. «Voglio farlo qui, subito! Voglio venire ora!» E aumentò il ritmo del movimento del bacino.
Mark la afferrò saldamente per i glutei e la sollevò leggermente in modo che il movimento risultasse più ampio e che il suo cazzo sfregasse contro il clitoride di lei ogni volta che si alzava e si abbassava.
La cosa le piacque molto perché subito cominciò ad emettere dei gemiti intensi, dimenando le spalle mentre con entrambe le mani si teneva saldamente al suo collo.
Dopo pochi minuti, Mark si accorse che tremava tutta, come scossa da brividi di freddo; la vide fermarsi di colpo e poi muoversi piano per un paio di volte, spingendo forte, in modo che lui potesse arrivarle fino in fondo. Aveva il viso rosso per l’eccitazione, gli occhi chiusi e i denti serrati in una morsa di piacere. Quando buttò indietro il capo e spinse forte il bacino verso il bacino di Mark, lui si accorse che stava venendo e restò a guardarla affascinato.
L’orgasmo la colse leggermente di sorpresa. La posizione e la situazione erano molto eccitanti e Mark ci sapeva davvero fare, ma di solito ci metteva molto di più a venire e soprattutto non era mai venuta in maniera così intensa.
Dapprima sentì un brivido, una sorta di scarica elettrica, partire dal basso e percorrere tutta la schiena fino al collo, poi una serie di ondate di piacere la travolsero ripetutamente. La prima fu talmente violenta da essere quasi dolorosa e per un istante la lasciò stordita e senza fiato, poi si lasciò andare e le successive furono svuotanti ma molto piacevoli.
Con gli occhi chiusi appoggiò la fronte bagnata di sudore contro la testa di lui e restò in silenzio ad ascoltare il battito del suo cuore e il suo respiro affannato ma regolare. Gli passò le mani intorno al collo e poi sulla schiena, godendosi la sensazione meravigliosa del contatto con quel corpo muscoloso.
Era la prima volta che le succedeva di trovarsi in una specie di stato di ipersensibilità: tutti i sensi comunicavano sensazioni mai provate, captavano gli stimoli esterni e li rimandavano indietro amplificati in maniera esponenziale. Dai capezzoli ingrossati premuti contro il torace muscoloso riusciva a percepire il battito del suo cuore, le mani che accarezzavano la schiena sentivano i polmoni gonfiarsi d’aria ritmicamente. Intorno alla vagina era ancora un po’ indolenzita, ma stava recuperando velocemente e già riusciva a sentire il battere nervoso delle vene del cazzo che aveva intrappolato dentro di sé.
Emise un profondo sospiro e schiuse le labbra per parlare ma una specie di groppo alla gola la costrinse a deglutire e riuscì ad emettere solo una specie di grugnito.
Risero entrambi, poi lei aprì gli occhi e si accorse che lui la guardava fisso, scrutando ogni movimento della sua mimica. Si guardarono negli occhi per un po’ e lei si accorse con gioia di non avere alcuna difficoltà a sostenere quello sguardo così penetrante.
«Mi dispiace di essere venuta così presto.» Disse dopo qualche minuto. «Prometto che mi farò perdonare!» Lui scoppiò a ridere ancora e lei lo guardò meravigliata. «Che hai da ridere ora?»
«È buffo! È veramente molto buffo che una donna si scusi con un uomo per essere venuta troppo in fretta: solitamente è il contrario.»
Lei annuì e rise con lui. Poi si sollevò sulle ginocchia lasciando che il membro di lui scivolasse fuori e si rimise in piedi. Abbassò il vestito che era arrivato all’ombelico ma lasciò la cerniera abbassata in modo che lui potesse godersi lo spettacolo del suo seno. Lo prese per mano e lo condusse in casa.
Quando furono in camera da letto lei accese un lume basso che emanava una sottile luce rossa, lanciò il vestito su una poltroncina sistemata in un angolo della stanza e si distese sull’ampio letto matrimoniale lasciando che lui ammirasse il suo corpo.
«Ti avevo promesso che mi sarei fatta perdonare: passa la notte con me e vedrai che avevo ragione.»
Mark si spogliò e si avvicinò al bordo del letto. Rimase in piedi ad ammirare il corpo di lei illuminato dalla luce rossa che si rifletteva sulla pelle abbronzata e sfumava ogni curva, rendendo stranamente sfocato il contorno di ogni particolare di quel corpo meraviglioso.
Lei si lasciò guardare lusingata ed eccitata. Era sempre stata un po’ esibizionista ma era la prima volta che traeva tanto piacere dallo sguardo di un uomo. Quel ragazzo aveva il potere di farla sentire speciale, la guardava come se fosse stata la donna più desiderabile dell’universo e per un momento sentì davvero di esserlo. Poi tese le braccia e lo invitò a raggiungerla.
Mark si avvicinò lentamente e si adagiò sopra di lei. Si sentì circondare prima dalle braccia di lei intorno al collo, poi dalle sue gambe intorno alla vita. Immediatamente lei sollevò il bacino cercando la penetrazione e lui la lasciò fare fino a quando non sentì le grandi labbra premere contro la cappella. A quel punto spinse con energia e affondò dentro di lei. Lei si rilassò sul materasso soffice e lasciò che fosse lui a decidere il ritmo e la forza.
Per un po’ si mosse lentamente, con movimenti molto ampi che gli consentivano di uscire quasi del tutto prima di tuffarsi nuovamente dentro di lei. Ogni volta che affondava la sentiva sussultare e contorcersi, cosi come si contorceva ogni volta che era sul punto di uscire ma si fermava proprio al limite. Poi gradualmente aumentò il ritmo e diminuì la forza, spingendo col bacino verso l’alto per stimolarle il clitoride. Dopo pochi minuti, sentì il suo corpo scosso dagli stessi brividi che aveva visto sulla panchina di fronte alla casa e capì che stava per venire ancora: si rilassò e aumentò ancora il ritmo. Qualche istante dopo lei inarcò la schiena e spinse forte contro il suo bacino; Mark la sentì venire e venne insieme a lei.
Questa volta era preparata e l’orgasmo non la stravolse come aveva fatto in precedenza ma la lasciò ugualmente senza energie. Lo aveva sentito nascere dentro, piano, poco alla volta, poi era esploso improvviso e quasi contemporaneamente era venuto anche lui, riversando nella sua vagina un fiotto di liquido caldo.
Dopo essere venuto lui si ritrasse e si distese fra le sue gambe; poggiò la testa sul ventre piatto e prese ad accarezzarla dolcemente sul polpaccio sinistro. Dopo tanto tempo, era la prima volta che provava una sensazione di così straordinaria intimità con una donna. Sollevò lo sguardo e incontrò i suoi occhi azzurri che lo fissavano estasiati. Lei gli sorrise e disse:
«Passa qui la notte! Vuoi?»
Lui annuì con un gesto del capo e richiuse gli occhi. Si addormentò mentre lei gli accarezzava i capelli.