Sensazioni

Cap 6 - Evoluzione

Il pregio di un'opera sta nel giovamento o nel diletto che se ne può trarre,
e spesso anche in tutt'e due le cose insieme.

Choderlos de Laclos

Il mattino seguente si svegliarono molto tardi. Gli altri ospiti della casa erano partiti di buon’ora, senza disturbare i due piccioncini che finalmente erano nuovamente soli. Elena fu la prima a svegliarsi, verso le undici, disturbata da un raggio di sole che filtrava attraverso le persiane socchiuse e andava ad infrangersi sulle palpebre delicate. Era ancora distesa sul fianco e Mark la abbracciava da dietro, circondandola con le braccia forti; sentì qualcosa di molle fra le cosce, poi si ricordò di come si era addormentata la sera prima. Il cazzo del suo amante era ancora lì, piantato del suo sesso, ma si era ridotto molto di dimensione. Si stiracchiò languidamente, strusciando con la schiena contro il petto di lui, poi si abbandonò ad un profondo sbadiglio che svegliò il ragazzo e lo riportò immediatamente allo stato di erezione che aveva mantenuto per quasi tutta la notte.

«Accidenti!» Esordì lei. «È come premere l’interruttore e subito si attiva. Dormito bene?» E intanto sentiva il cazzo crescere sempre di più all’intero del suo ventre. Un po’ le faceva male visto che non era umida e che solitamente la mattina l’inguine le si riduceva a dimensioni virginali.

«Ho dormito magnificamente, grazie. Te l’ha mai detto nessuno che sei bellissima quando dormi? Ho passato quasi tutta la sera a osservarti; russi un po’, lo sapevi?»

«Io non russo affatto.» Rimbrottò un tantino offesa.

«Non russi nel senso stretto del termine; il tuo è più un rantolo, come se non riuscissi a respirare a pieni polmoni.»

«E infatti ho passato tutta la notte respirando a fatica, con il tuo braccio all’altezza delle costole che mi opprime i polmoni.» Dal tono della voce traspariva un leggero nervosismo e Mark si affrettò a spostare il braccio dal suo torace.

«Dai stupido, scherzavo. Abbracciami ancora… bravo di più…» intanto lui l’aveva nuovamente presa fra le braccia «stringimi più forte…»

Cominciava a sentirsi eccitata e un’umidità familiare fra le cosce, a conferma delle sue sensazioni, non tardò ad arrivare. Iniziarono a muoversi piano, contemporaneamente, lasciando che l’onda del desiderio montasse dentro; con l’aumentare del ritmo il respiro divenne più affannoso e i movimenti sempre di ampi e convulsi. La posizione, particolarmente stimolante, le piaceva molto; sentiva il clitoride gonfiarsi e poi contrarsi sempre più rapidamente e l’orgasmo non tardò ad arrivare. Spinse col sedere verso il bacino del suo amante, in modo da sentirselo più in profondità, e si bloccò come paralizzata.

 Mark restò immobile ad osservarla mentre godeva, baciandola e mordicchiandola sulla nuca, poi ricominciò a muoversi; se era possibile, vederla godere l’aveva eccitato ancora di più ma lei non sembrava intenzionata a soddisfare le sue voglie.

«Devo andare in bagno.» Disse lei dopo qualche secondo. Si sciolse dall’abbraccio che la bloccava nel letto e si diresse velocemente verso la porta che collegava la camera da letto con il bagno. Posò la mano sulla maniglia e si voltò in direzione del letto. Lanciò un’occhiata lasciva all’indirizzo del giovane e gli lanciò un bacio schioccando le labbra, poi sparì.

 Mark si sollevò a sedere sul letto, incredulo. Non riusciva a capacitarsi che lei lo avesse lasciato lì, in quel modo, mentre facevano l’amore per andare in bagno. Si alzò e ancora in erezione raggiunse la sua amata; attraverso la porta aperta la vide seduta sul water intenta a svuotare la vescica. Appoggiò la spalla sinistra sul battente in legno con le braccia incrociate sul petto e la faccia imbronciata e restò in attesa di un suo commento.

«Scusa» disse lei dopo qualche instante «ma non sono riuscita a trattenerla. Che hai?         Sembri arrabbiato!»

«Non sono arrabbiato, semplicemente deluso.  Mi hai piantato sul più bello. Sembra quasi che tu abbia avuto quello che volevi e sei andata via.»

«Se credi di avermi già dato quello che volevo ti sbagli.» Intanto si era alzata e con passo sensuale si era avvicinata al ragazzo. I grossi seni prosperosi ondeggiavano in un movimento ipnotico e i turgidi capezzoli, rossi come ciliegie mature, erano un invito troppo goloso per essere rifiutato. Con la mano sinistra afferrò quell’asta rigida e iniziò a massaggiarla lentamente, stringendo più forte quando arrivava a scoprire tutto il prepuzio, così da favorire l’afflusso di sangue. «Ora lo faremo nuovamente, qui in bagno, ma guai a te se osi venire. Quando sarai sul punto di eiaculare trattieniti o sarà peggio per te. Voglio il tuo seme tutto per me e me lo voglio gustare con calma.»

«Se proprio lo vuoi perché non lo prendi in bocca e cominci a succhiare!» Quel tipo di scurrilità un po’ lo infastidivano e si sentiva in grave imbarazzo a rivolgersi con quelle parole verso una donna, ma quello era il gioco che la sua adorata voleva giocare e lui non poteva tirarsi indietro.

«È vero.» Disse lei chiudendo gli occhi e passandosi la lingua sulle labbra con un’espressione lasciva sul volto. «Potrei farlo, ma in questo modo a godere saresti soltanto tu e io ho una gran voglia di sentirti dentro mentre mi martelli in profondità.»

Quel discorso l’aveva eccitata terribilmente. Aveva cominciato scherzando, solo per stuzzicare un po’ la fantasia del suo giovane amante ma ora le piaceva troppo. Solitamente quel tipo di linguaggio la metteva a disagio; una volta aveva avuto un ragazzo che riusciva ad eccitarsi solo dicendo parolacce e oscenità di ogni genere. Per il resto era un ragazzo fantastico, ma a letto le diceva cose che avrebbero fatto rabbrividire una puttana e lei non lo sopportava. Ora invece si sentiva euforica, libera da ogni pudore, sentiva di poter avere tutto quello che voleva senza remora alcuna.   E poi quel fare aggressivo la faceva sentire forte; era lei a comandare e la cosa la rendeva ancora più eccitata. Si appoggiò col fondoschiena contro il lavandino di ceramica bianca e tirò Mark a sé. Si lasciò penetrare con facilità e gli cinse il bacino con le gambe per tenerlo stretto e poterlo guidare nell’amplesso.

Lui intanto aveva preso a muoversi ritmicamente, affondando nella donna con possenti spinte, baciandola con vigore e passione. Le unghie di lei affondarono nella sua schiena in un impeto di passione selvaggia mentre con le gambe lo serrava in una morsa sempre più stretta per poter rallentare la sua corsa verso il piacere. Sentì l’orgasmo che la scuoteva come una frustata mentre lui la baciava sul collo e poi più giù, sulla spalla, e non riuscì a trattenere un grido sommesso, misto di rabbia e piacere, mentre tutto il suo corpo era sconvolto da una esplosione dei sensi.

Sentì un brivido tremendo percorrerle la schiena con violenza, e per un attimo parve venir meno, come colta da uno svenimento improvviso. Si destò dal suo torpore appena in tempo per sentire che anche il suo compagno stava per venire; lo liberò dalla stretta che lo costringeva allargando le gambe con velocità sorprendente, lo allontanò spingendolo per il bacino e si inginocchiò per prendere in bocca il suo sesso. La bocca si riempì di nettare caldo e dolce che le diede una magnifica sensazione di potere mentre sgorgava dalla sorgente della vita; ingoiò tutto avidamente, mentre lui le accarezzava i capelli con gli occhi socchiusi e il viso contratto in un’espressione estatica, quasi sognante. Quando la fontana del piacere ebbe terminato il suo getto magico lei cercò lo sguardo di lui, sempre tenendo in bocca il suo cazzo.

«Potrei staccartelo con un morso, che ne pensi?»

«Non si parla con la bocca piena.» Quella battuta di spirito provocò l’ilarità di entrambi, in special modo di lei, che esplose in una risata fragorosa.

Dopo la doccia ripartirono senza fare colazione; si fermarono a mangiare per strada in un’area di servizio, poi ripresero il viaggio tenendo una discreta velocità. Giunsero a scuola a pomeriggio inoltrato, accompagnati da uno splendido tramonto reso ancora più bello dal cielo sereno e sgombro dalle grosse nubi che avevano caratterizzato la mattinata. Avevano appena imboccato il viale alberato che portava all’edificio principale quando lei lo invitò a fermarsi.

«Ti dispiace lasciarmi qui? Preferirei che non ci vedessero arrivare insieme.»

«Sapevo che prima o poi sarebbe successo, solo non pensavo così presto.» Intanto aveva parcheggiato l’auto sul ciglio del viale alberato e la scrutava con attenzione.

«Di cosa stai parlando? Non riesco a seguirti!» Sentiva il suo sguardo addosso che la esaminava con minuziosità, quasi a volerle leggere l’anima.

«Mi riferisco al fatto che ti vergogni a farti vedere in pubblico con me. Spiegami: è perché sono un tuo studente oppure sono troppo giovane per te?»

«Non mi vergogno di avere un amante più giovane, anzi, se proprio lo vuoi sapere il fatto mi riempie d’orgoglio; chiamala vanità, forse presunzione, ma sapere di essere ancora desiderata, specie da un bel ragazzo come te che potrebbe avere tutte le donne che vuole, mi gratifica molto. Ti ho presentato ai miei amici e a una parte della mia famiglia, e penso che questo dimostri a sufficienza che non ho nessun imbarazzo a stare con te, ma non posso e non devo dimenticare che sei uno studente della mia scuola. Insomma, cosa pretendi che faccia? Vuoi che mi presenti in pubblico e dica a tutti: “buongiorno, vi presento il mio nuovo amante che guarda caso è un mio allievo”? Sai bene che il consiglio d’amministrazione mi controlla perché sono la prima donna a essere direttrice di una scuola maschile, se questa storia si venisse a sapere saremmo entrambi cacciati senza appello. Ti mancano due mesi al diploma, veramente vuoi correre il rischio di buttare cinque anni?»

«Se proprio lo vuoi saper, si! Butterei tutto alle ortiche semplicemente perché non ho niente di cui vergognarmi. Siamo due adulti consenzienti e se vogliamo avere una relazione possiamo farlo senza che gli altri ci giudichino per questo.»

«Alle volte sei così immaturo che mi spaventi. Non capisci che è proprio quello che la gente farà? Ci giudicherà! Tu sarai lo studente con un curriculum eccezionale che va a letto con la direttrice per ottenerne i favori e io sarò la ninfomane a caccia di ragazzini con cui soddisfare le sue turpi voglie sessuali. Io potrei anche trovare un altro lavoro, ma per te sarebbe una macchia difficile da cancellare; sarebbe una specie di marchio che ti seguirà per tutta la vita.» Era nervosa, quel discorso la metteva in una posizione difficile e non era né il luogo né il momento per affrontare una discussione del genere. E poi aveva paura di rovinare il loro rapporto ancor prima che iniziasse; non era ancora certa di amarlo, ma era certa di non voler rinunciare a lui così presto.

«Forse hai ragione.» La interruppe lui improvvisamente. «Non avremmo dovuto lasciare che le cose ci sfuggissero di mano in questo modo: è stato un errore! Dimenticare tutto, fare finta che non sia mai successo è la cosa migliore! È meglio che scendi ora, qualcuno potrebbe arrivare e vederci insieme.»

Il tono della sua voce si era fatto straordinariamente duro, aveva lo sguardo fisso nel vuoto e la fronte contratta in un’espressione accigliata. Elena lo guardò per qualche istante, dopo che ebbe finito di parlare, poi senza aggiungere altro scese dall’auto e rimase dritta, con le braccia intrecciate sul petto, aspettando una sua reazione. Mark rimise in moto e puntò in direzione del parcheggio senza voltarsi indietro. Una lacrima spuntò da sotto gli occhiali da sole e le rigò la guancia destra; lei la asciugò velocemente con il polso destro e si incamminò in direzione dell’edificio centrale. Passò davanti al suo ufficio e si fermò di fronte alla porta chiusa. Rilesse con attenzione le eleganti lettere in corsivo maiuscolo sulla targhetta dorata:

                                                        Dott. Elena Signorit Direttrice

Era davvero disposta a rinunciare a tutto questo? Era tutto quello che aveva sempre voluto, quello per cui aveva lottato e studiato tanto: era davvero disposta a perdere tutto per quel ragazzo? Raggiunse il suo alloggio, al quarto piano dell’edificio principale, proprio sopra il suo ufficio.

Tutto il personale docente aveva diritto a un miniappartamento all’interno dell’istituto: novanta metri quadri distribuiti fra un piccolo ingresso che fungeva anche da soggiorno, un cucinino, una camera da letto con bagno annesso. Ma solo in pochi lo utilizzavano; la maggior parte dei professori aveva una famiglia e alla fine dell’orario di servizio preferiva tornare a casa. Anche lei aveva preso un appartamento fuori del campus ma le seccava prendere l’autobus e con la macchina dal meccanico era meglio passare la notte lì e essere pronti per il mattino seguente. E poi era stanca e voleva mettersi a letto il prima possibile.

Posò le chiavi sul tavolino di cristallo sistemato alla sinistra della porta, si tolse la giacca e la lasciò cadere per terra. Emise un lungo sospiro di sollievo, poi si tolse le scarpe e senza curarsi di raccoglierle si diresse al piccolo mobile bar del soggiorno. Il mobile in legno era piccolo ma ben fornito: tutte le bottiglie di un’ampia varietà di super alcolici e di ogni tipo di bibita erano allineate con cura nel piccolo frigo incastrato sotto il ripiano di marmo e una discreta varietà di bicchieri e altri attrezzi da barman erano sistemati sui tre ripiani superiori.

Riempì un bicchiere di Vodka alla pesca e lo svuotò in un sol colpo. Restò qualche istante con gli occhi chiusi e i pensieri in subbuglio; non riusciva a focalizzare l’attenzione su nulla di particolare eppure sentiva che qualcosa l’angosciava: forse era sola stanca! Riempì nuovamente il bicchiere, questa volta di Scotch, si raccolse i capelli dietro la testa e slacciò alcuni bottoni della camicetta di seta bianca. Quindi, con il bicchiere in mano, si avviò verso il bagno. Si fermò nel corridoio per abbassare la cerniera della gonna che lasciò cadere per terra mentre entrava nella camera da letto. Poco dopo era completamente nuda pronta ad infilarsi nella vasca piena d’acqua e schiuma che aveva riempito mentre si struccava e finiva il suo Scotch. Prima di immergersi controllò che la temperatura dell’acqua fosse giusta, poi, visto che il bicchiere era vuoto, raggiunse nuovamente il mobile bar. Quando sentì bussare alla porta aveva appena finito di riempire il bicchiere di Bourbon; andò a controllare senza curare di coprirsi, intorpidita dall’alcool e dalla stanchezza.

«Chi è?»

«Sono Mark. Disturbo?»

Era sorpresa di sentire la sua voce; dopo quello che le aveva detto pochi minuti prima l’ultima cosa che si aspettava era che lui la cercasse. In quel momento avrebbe voluto essere più lucida e si maledì per quei due bicchieri a stomaco vuoto che l’avevano stordita a tal punto. Cercò di riordinare le idee velocemente, poi aprì la porta e lo lasciò entrare.

 Mark si meravigliò molto di trovarla in quelle condizioni, minimamente imbarazzata dalla sua nudità. Dopo un momento di comprensibile stupore iniziò a parlare.

«Credo di doverti delle scuse. Non avrei dovuto aggredirti in quel modo, in macchina. Sono stato impulsivo e forse un po’ capriccioso, quindi mi cospargo il capo di cenere e chiedo perdono, se sei disposta a concedermelo.»

Lei era rimasta immobile per tutto il tempo, con le mani appoggiate sui fianchi e lo sguardo fisso nei suoi occhi, come se cercasse di guardargli l’anima per scoprire i suoi veri sentimenti. Dopo un po’ esordì:

«Stavo per immergermi nella vasca, ti andrebbe di farmi compagnia?» Mark non sapeva se essere stupito o felice. Nel dubbio annuì col capo e la seguì docilmente in bagno. Di spalle era ancora più bella di quando ricordasse: muscolosa ed elegante insieme e con un fondoschiena così tondo e solido da fare invidia ad una statua.

Si infilò rapidamente nella vasca, lasciando che il liquido caldo le coprisse anche la testa, poi riemerse e si sistemò contro il bordo, con la testa appoggiata al marmo freddo. Restò immobile per qualche istante, gli occhi chiusi e tutti i muscoli del corpo rilassati dal calore dell’acqua. Quando si riprese Mark era in piedi sul bordo della vasca che la fissava come estasiato; nello sguardo aveva quella stessa adorazione che lei aveva scorto la prima volta che si erano incontrati, una specie di venerazione sognante che la mandava in estasi. Di colpo sentiva di desiderarlo come mai le era successo e capì che avrebbe rinunciato a tutto pur di averlo.

«Non startene lì! Vieni dalla tua sirena». La voce era melodica, lo sguardo suadente e la bocca leggermente socchiusa in un’espressione ammiccante; il movimento del suo indice sinistro era un invito difficilmente rifiutabile.

«Vado a prendere da bere.» Rispose lui prontamente e si avviò al mobile bar del soggiorno senza darle il tempo di rispondere. Intanto si era sfilato la camicia e l’aveva sistemata sul divano piazzato di fronte al grande televisore. Aprì il frigo e ne estrasse una bottiglia di champagne che sistemò in un secchiello d’argento. Cercò con lo sguardo fra i bicchieri sistemati sui ripiani superiori, prese due flute di cristallo e tornò dalla sua amante che lo aspettava immobile, gli occhi chiusi e il capo chino sulla spalla sinistra. Le girò intorno e la baciò sulla guancia, sfiorandola appena con le labbra; per lei fu come svegliarsi da un sonno lungo e profondissimo.

«Scusa, mi sono addormentata senza volerlo. Ho chiuso un po’ gli occhi e…»

«Ho visto un bicchiere pieno di Bourbon sul mobile bar, quanti ne hai bevuti prima del mio arrivo?» Il tono della sua voce lasciava trasparire una certa preoccupazione; era stata molto imprudente a mettersi in acqua dopo aver bevuto, avrebbe potuto accaderle di tutto.

«Ho bevuto solo un paio di bicchieri, non sono ubriaca. E ora vieni da me!»

 Mark si sfilò gli indumenti che ancora aveva addosso ed entrò nella grande vasca piena di schiuma. La vista del seno di lei che galleggiava come sospeso lo aveva eccitato un po’, ma l’erezione che aveva si spense immediatamente al contatto con l’acqua calda. Si appoggiò con la schiena contro il marmo freddo, dalla parte opposta della vasca, in modo da trovarsi di fronte alla sua amante; poi le prese il piede sinistro e iniziò a massaggiarne la pianta con movimenti circolari in corrispondenza delle principali zone nevralgiche, senza trascurare di accarezzarle tutte le dita.

«Molto rilassante» lo interruppe lei a un certo punto «ma spero che non sia tutto qui!»

«Cosa vorrebbe che le facessi?! Sono il suo schiavo, comandi e io ubbidirò.»

«Anzitutto voglio che le tue parti basse si diano una mossa.» E dicendo questo si era inginocchiata fra le sue gambe e aveva preso in mano il suo cazzo floscio. «Quando ti sei spogliato avevi un’erezione mica male ma poi niente più. Forse non ti eccita stare nudo nell’acqua con me?!» Intanto aveva preso a masturbarlo con lentezza, allettandolo col seno che gli agitava vicino alla bocca. Quasi subito la scarica di adrenalina procurata dalla situazione eccitante gli aveva irrigidito il membro, ma lei continuava a stuzzicarlo con i grossi capezzoli, e lui avrebbe tanto voluto prenderne uno in bocca e succhiare come un neonato con la tetta della mamma. Ma ogni volta che era sufficientemente vicina alle sue labbra e lui si preparava ad afferrarne uno, lei, con un ampio gesto del busto, faceva roteare il seno fuori dalla sua portata. Quel gioco, che sulle prime lo aveva eccitato molto, cominciava ad infastidirlo. Con le mani cercò di artigliarle i fianchi, sperando così di limitare i suoi movimenti, ma si accorse subito che i risultati non erano quelli sperati e passò ad accarezzarle la schiena nuda.

«Ecco, così va molto meglio. Volevi il mio seno?» Appoggiò entrambe le mammelle sul suo viso e spinse con forza, quasi soffocandolo. Restò in questa posizione per qualche secondo, poi si rimise dritta e riprese a giocare con la lunga asta del ragazzo, tirandolo sempre più fuori dall’acqua e costringendolo a fare forza con i gomiti contro il bordo per non affogare.

«Non credo di volertelo dare.» Riprese mentre lo fissava con uno sguardo sensuale. «Prima dovrai fare qualcosa per me, ma ho in mente un’idea che sono sicura ti piacerà molto.»

Non aveva ancora terminato la frase quando prese il cazzo del suo amante e lo infilò fra le tette, proprio nel mezzo, iniziando quel massaggio che molti conoscono col nome di sega spagnola. Con le mani stringeva lateralmente i suoi seni sodi e tondi e contemporaneamente col busto si muoveva verso l’alto e poi verso il basso, lentamente, lasciando che lui si godesse a pieno il giochino che le era venuto in mente. Il suo scopo era un altro e man mano che il movimento si faceva più ampio sentiva di essere vicina alla meta.

Dopo pochi minuti, infatti Mark venne con una possente spruzzo di sperma caldo che le imbiancò le splendide poppe; lei, che fino ad allora aveva continuato a guardarlo lascivamente negli occhi, piegò la testa sul suo cazzo e aprì la bocca. Le ondate successive furono tutte per lei, che bevve golosamente la ricompensa delle sue fatiche.

A lui non pareva vero. Non aveva mai avuto un’amante così esperta e disinibita, anzi, di solito era lui a proporre situazioni eccitanti alla ragazza di turno; ma a colpirlo era soprattutto la sua perversione. L’immagine che si era ritagliato nella sua mente non corrispondeva affatto alla reale natura della donna e di questo era piacevolmente sorpreso. Quando gli schizzi di piacere si esaurirono lei si girò di spalle e, sempre in ginocchio, offrì lo splendido spettacolo del suo fondoschiena alla vista del suo uomo.

«Che ne diresti di far godere anche me adesso!?» Mark si inginocchiò prontamente alle sue spalle e cercò di infilarlo nella fica bagnata, ma lei lo fermò quasi subito.

«Prendimi dietro.» Gli sussurrò dolcemente, ma in realtà bruciava di una tale passione che avrebbe desiderato che lui la violentasse.

«Sei sicura?» Non riusciva a credere che fosse lei a chiederglielo. Non aveva mai avuto rapporti anali prima di allora; di solito tutte le ragazze erano restie a concedersi in quel modo.

«Ti prego, sbrigati. Prendimi da dietro, fammi godere, fammi sentire che mi desideri.»

Puntò la cappella in direzione del suo culo e affondò con forza. All’inizio gli parve di incontrare una certa resistenza, e sentì un dolore acuto stringerlo come una morsa, poi gli sembrò che l’ano si allargasse come per contenerlo tutto e anche il dolore iniziale scomparve. Iniziò a muoversi piano, temendo di farle male, poi, sentendola mugolare per il piacere, aumentò il ritmo.

Lei lo sentì mentre entrava con forza e una fitta nel profondo delle viscere la scosse al punto che istintivamente aveva contratto i glutei. Già altre volte era stata presa in quel modo ma il cazzo di Mark sembrava molto più grosso degli altri che aveva avuto in passato e per un momento si chiese se poteva prenderlo tutto senza rischiare che le rompesse lo sfintere. Poi si era rilassata e aveva lasciato che lui affondasse tutto dentro di lei. Quando cominciò a martellarle dentro si abbandonò al piacere e lasciò che lui la portasse ai vertici dell’orgasmo. Con la destra si toccò il clitoride, prima piano, per stimolare ancora di più il suo piacere, poi sempre più forte e sempre più freneticamente. Quando venne sentì tutto il corpo bruciare per la passione; avrebbe voluto godere in quel modo per sempre, non voleva rinunciare a lui per nessun motivo.

 Mark non era ancora venuto; non era possibile venire due volte nel giro di così poco tempo, ma quando la sentì ansimare forte e vide che tremava tutta come scossa da una febbre delirante si fermò per lasciarle consumare il suo orgasmo. Restò immobile, con il cazzo incastrato nelle sue viscere, affascinato dall’intenso piacere che sconvolgeva la sua donna ma soprattutto dalla determinazione con cui lei se l’era conquistato.

Dopo alcuni istanti che ad entrambi apparvero eterni, lei si voltò a guardarlo; il viso era rosso per la fatica, entrambe le mani appoggiate al bordo della vasca, sfinita dalla sofferenza di una tensione così insopportabile. Avanzò un po’ col bacino, lasciando che lui uscisse dal suo corpo lentamente, quindi si appoggiò con la schiena contro il suo petto e si strinse fra le sue braccia.

 Mark la abbracciò forte e, continuando a cullarla come una bambina, si distese contro il bordo appoggiando il capo sul marmo, gli occhi chiusi come se avesse paura di aver vissuto un sogno pronto a dissolversi appena sveglio. La maggior parte dell’acqua era sul pavimento oramai allagato e il livello di quella nella vasca era appena sufficiente a coprirli fino all’inguine quindi allungò il braccio verso i rubinetti dorati e aprì quello dell’acqua calda.

Elena controllò che il getto avesse la giusta temperatura miscelandolo con acqua fredda, poi baciò il ragazzo e lo guardò attentamente. Fissò quegli splendidi occhi azzurri intensamente; erano grandi, straordinariamente dolci e espressivi, ma soprattutto erano pieni di vita e in quel momento capì che non avrebbe potuto averlo per sempre. Era un ragazzo e aveva una vita intera di fronte; avrebbe viaggiato, visto nuovi posti e conosciuto tanta gente. Avrebbe avuto tante donne, alcune giuste altre sbagliate; alla fine avrebbe sposato la migliore e avrebbe avuto dei figli stupendi. Sarebbe stato un buon padre, un ottimo marito e un amante perfetto e la moglie sarebbe stata una donna molto fortunata. Ma sfortunatamente questa donna non poteva essere lei: la differenza di età fra loro due era troppa. Che tipo di vita potevano avere insieme? Cosa avrebbe fatto lui quando lei fosse diventata più vecchia? Probabilmente le sarebbe restato fedele ma comunque non sarebbe stato giusto. No, lei sarebbe stata solo una delle sue donne. Avrebbe potuto averlo solo per poco e in cambio lo avrebbe aiutato a diventare più forte, ne avrebbe fatto un uomo.

«Non avevi mai preso una donna da dietro?»

«Mai!» Dal tono della voce traspariva un certo imbarazzo

«Mi dispiace che tu non abbia goduto. Il tuo primo rapporto anale e non sei neanche venuto, mi dispiace tanto.»

«Non preoccuparti. Guardarti è stata una delle esperienze più belle della mia vita, mi è piaciuto moltissimo.»

«Dopo l’orgasmo mi facevi un po’ male, per questo ti ho fatto uscire, ma ti prometto che la prossima volta godrai anche tu insieme a me.»

«Vuoi dire che ci sarà una prossima volta?»

«Certo che ci sarà una prossima volta e se ti va di restare potrebbe anche essere stanotte.»

«Non riusciresti comunque a mandarmi via.»

Risero entrambi, poi lei si strinse più forte al suo braccio destro e lui la baciò sul capo, respirando a lungo il suo odore, inebriato dalle sensazioni che i feromoni di lei riuscivano a provocargli.